Massimo D’Alonzo è finalmente guarito: o almeno noi percepiamo questa sensazione, legati come siamo alle relazioni che il nostro corpo intrattiene con il mondo esterno. E’ guarito la sera del 21 febbraio, poche ore dopo la presentazione di quel libro da lui così fortemente voluto ad un pubblico interessato alla sua impresa, perché in nessun altro modo è possibile definire lo scrivere un’opera lettera per lettera usando solamente un puntatore oculare. Abbiamo atteso due giorni per comunicarlo, perché il desiderio dei suoi familiari e delle persone a lui care è stato quello di evitare che il suo funerale diventasse una kermesse, anziché essere il saluto affettuoso e addolorato al loro congiunto.
In realtà ogni volta che perdiamo una persona cara ci rendiamo conto che non siamo mai preparati all’ineluttabilità di certi avvenimenti della vita, nonostante il fatto di illudersi di “essere pronti”. Non conoscevo Massimo se non attraverso le mail e i racconti che ne faceva la “sua” Doriana. Avevo però apprezzato la sua positività e il suo umorismo dolce e sottile leggendo (e impaginando) il suo “Maria Extra Vergine”, e posso affermare con certezza che avesse il cervello molto più lucido ed aperto di tanta gente “normale” che predica odio e rancore su e giù per i social network ed internet.
Come tutte le persone buone, Massimo riusciva solo a vedere il lato migliore degli altri, e questo traspariva chiaramente in quello che scriveva e in come si intratteneva con il prossimo, aiutato in questo da Doriana. Il suo libro è anche il suo lascito a questo mondo spesso troppo pieno di brutture e di meschinità: la sua visione disincantata e forse – perché no – un po’ infantile delle cose è certamente rasserenante e positiva, come la leggerezza con cui sapeva parlare di argomenti anche “pesanti”. E poi metteva al centro di tutto la cosa più importante: l’Amore.
Sono convinto che lui sarebbe rimasto volentieri con noi, non era uno di quelli che si arrendeva: anzi, progettava, sognava, scriveva. L’idea di “farla finita” era un assurdo in termini per lui. L’immagine che accompagna questo editoriale è tratta dalla presentazione che aveva preparato per BUK insieme a Doriana, e riassume lo spirito e la filosofia che lo aveva guidato nei sedici lunghi anni della sua convivenza con la “stronza”, la SLA.
E’ per questo che a nome di Campi di Carta, dei suoi dirigenti e di tutti i suoi soci sono qui a ringraziare Massimo per il grande dono che ci ha fatto: quello di farci sentire probabilmente migliori di quanto in realtà siamo, scegliendoci per perpetuare le sue parole oltre il limite terreno della vita.
Un abbraccio fraterno, sognatore: fai buon viaggio!
Marcello Rodi
Presidente di Campi di Carta